CONDIVISIONE E NOI COACH:
IDEOLOGIA DELL’EVOLUZIONE O STATUS QUO?
E questa può essere una nuova frontiera dell’essere coach: non solo guida, ma eroe. Eroe insieme al suo coachee alla scoperta delle potenzialità, in un mondo sconosciuto, e che va oltre a ciò che due minuti prima neanche si immaginava, la scoperta di un nuovo mondo. E da questo mondo entrambi ne usciranno rafforzati e consapevoli, compagni di uno stesso viaggio, grazie al loro percorso “condiviso”
Alcuni giorni fa nella casella di posta, silenziosa come tutte le altre, ho
ricevuto una mail dalla carissima Natascia Pane, direttrice di CoachMag, con
quale mi chiedeva di scrivere un articolo.
Non sempre l’importanza è rumorosa.
INTERCONNESIONI DEL CONDIVIDERE |
Bhe sicuramente non facile, quantomeno delicata. Ho accettato di buon cuore
e con molto piacere ed entusiasmo. So benissimo quanto Natascia conosca il mio
spirito disubbidiente e creativo e fosse quindi conscia che avrebbe letto ciò
che, forse, neppure io mi sarei aspettato di scrivere.
Ma d’altra parte non siamo proprio noi coach allenatori dei nostri coachee
nell’essere creativamente disubbidienti alle “regole” che li legano alla realtà
che non desiderano più? Ed ad essere, poi, meravigliati di loro stessi?
La prima cosa che ho pensato è che, sicuramente
CON IL DENARO
|
CoachMag la rivista del Coach |
In una società globale dove l'1% della popolazione detiene l’equivalente della
ricchezza del resto del mondo, quindi il 99%, difficilmente questi due concetti possono essere
uniti se non in modo demagogico. In un mondo dove più dei due terzi della popolazione
vive di stenti, o muore facilmente, è molto poco comprensibile come un concetto
così bello, un bisogno così forte in tutti noi, quello del CONDIVIDERE, venga
molto spesso dimenticato.
Quanto noi coach siamo attenti al potere delle parole?
Per dirlo anche in termini economici. IL CONDIVIDERE è un
atto (o meglio un insieme di atti) che comporta una aumento continuo dell’utilità
marginale per tutti: ogni condivisione aumenta il beneficio di tutti
partecipanti, è una forza centrifuga di espansione esponenziale, una atto di
amore, aperto e non conservativo. La somma dei singoli, e delle differenze,
fornisce sempre un risultato maggiore. Non ci sono rinunce.
E’ un concetto che via via che scrivo si amplia nella potenzialità del
significato stesso, oltre il materiale.
Il risultato finale di una condivisione entra nell’immaginario delle
possibilità che esistono e che non hanno preso ancora forma: qualcosa che
difficilmente ha a che fare con la materia. Una torta non la condivido con i
commensali la divido in parti più o meno uguali, le risorse sono ridistribuirli
(in modo ottimale si spera), la macchina te la presto o ne dividiamo il
tempo di utilizzo e se ho due caramelle una me la mangio e… una te la offro.
Azioni anche piene di generosità infinita, grandi gesti di amore che,
tuttavia, non sono ancora condivisone in quanto manca quell’effetto di utilità
moltiplicativa ed espansiva per tutti.
CONDIVIDERE non è SOLO dividere con tutti qualcosa di mio, grande atto di
generosità, che può anche essere addirittura privativo, ma è mettere in comune
qualcosa che accresce la ricchezza di tutti, senza diminuire la mia,
moltiplicandosi ad ogni passaggio: una storia di vita, un idea, delle capacità
personali e professionali, le energie creative di pensieri superiori, di punti
di vista, una emozione. Questo è Amore incondizionato e senza paura, perché nel
condividere c’è solo crescita nello scambio.
CONDIVIDERE VA OLTRE UN ATTO DI
GENEROSITA’
suo coachee alla scoperta delle potenzialità, in un mondo sconosciuto, che
è oltre a ciò che due minuti prima neanche si immaginava, la scoperta di un
nuovo mondo. E da questo mondo entrambi ne usciranno rafforzati e consapevoli,
compagni di uno stesso viaggio, grazie al loro percorso “condiviso”
E chiedo aiuto anche al mondo anglosassone dicendo CHE CONDIVISIONE E’ PIU’
“share” CHE “split”.
E qui entriamo anche nell’universo indefinito dell’ “unione delle
differenze costruttive”, che forse mi porterebbe fuori dal discutere che mi è
stato richiesto.
CONDIVIDERE E’ METTERE IN COMUNE
RECIPROCAMENTE
Ma quanto “mette in comune” la comunicazione? Quanto lo è mettere assieme
punti di vista diversi? E quanto comunicativamente, essere “empatici” e
“simpatici”, nel processo di coaching, è condivisione?
Sicuramente moltissimo!
Allora, si può fare qualcosa di grande anche senza denaro e gli esempi
pratici ed attuali ci evidenziano come la condivisione e tale quando c’è
un’azione concreta e gratuita di espansione e di comunicazione. E se vogliamo,
l’azione può essere anche inconsapevole: la condivisione è l’effetto del
processo, non necessariamente l’intento. E’ chi riceve che poi trasforma l’atto
iniziale ampliandolo a sua volta, sommando differenze e crescite ad ogni
passaggio:
CONDIVIDERE E’ UN PROCESSO TRASFORMATIVO
SLEGATO DALL’INTENTO INIZIALE
Questo ci fa partecipi e creatori, soddisfacendo questi bisogno che oggi
come mai si presentano nelle persone perché ci avvicina all’ideale perfetto di
amore universale.
E’ un ideale puro.
Mi espongo volutamente con un esempio, che forse potrà trovarvi concordi.
Sentiamo spesso gli americani che dicono: la pace è un nostro valore che
vogliamo condividere con il mondo (buon dio che massimo livello di valore).
Ora, e non so se lo avete fatto anche voi, io mi sono chiesto: “Come possono
gli americani condividere nel mondo l’ideale di pace se sono in guerra con
almeno 4/5 nazioni? Ma soprattutto, come possono affermare una cosa del
genere?” Qualcosa non funziona permettetemi il dirlo. E’ aggregazione, di una
nazione, ad un ideale comune di pace marchiato USA, un sottoprodotto, per di
più male confezionato e venduto, spacciato come migliore. Aggregarsi è un
validissimo fare, ma difensivo, dettato dalla paura e dal dividere dagli altri.
Creare un gruppo che difende un tipo di ideale è centripeto, porta dentro al
proprio centro, annichilisce la sana individualità apportatrice di differenze
che movimenta la condivisione. Quindi non è l’ideale di pace puro. Se non è
puro, assoluto ed universale, non è CONDIVIDERE.
CONDIVIDERE NON E’ MARCHIATI O DI PARTE:
E’ TALE SE FATTO CON IDEALI PURI
IDEE E CONDIVISIONE |
Nel nostro periodo storico dove la cultura del coaching non è ancora
conosciuta, la necessità del condividere è altissima.
La maggior parte delle persone non sempre si affida fiduciosa alle cose
nuove e ha bisogno di avere informazioni per sapere e da… sharare, linkare,
twittare con altri.
Quanto si sta facendo da parte nostra di coach? A livello di condivisione
poco, veramente poco.
La massima forma di malcelata condivisione è la pubblicità a tutti i corsi
e agli incontri. Sono rarissimi i casi di CONDIVISIONE, nei tratti
sopra definiti, sia tra i professionisti del settore, sia con potenziali
fruitori. E sicuramente anche io, nel mio piccolo, non sono soddisfatto di me
stesso.
Questo non vuol dire che non si facciano azioni lodevoli. assolutamente si,
solo che non sono CONDIVIDERE. E’ una forte area di
miglioramento sicuramente. E deve essere una scelta forte e volontaria.
Anche se per momenti parziali, LA CONDIVISIONE deve
assolutamente schizzare fuori dalle leggi del business e del marchio, deve
essere pura affinché i coach e le pratiche di coaching crescano!
Si ecco un altro elemento deve essere pura. Nessuno può condividere un
ideale marchiato.
Può essere che si obietti che ci sono necessità di guadagno. E chi le nega?
Non io di certo, anzi, reputo il guadagnare uno dei giusti riconoscimenti
per ogni lavoro.
E stiamo perdendo occasioni anche in un’area creata da una legge dello
stato italiano, che sicuramente aveva intenti di garanzia e chiarezza ben
diversi da quelli che si stanno manifestando: l’ormai famosa legge n° 4 del 14
gennaio 2013° che riconosce alla nostra attività di coach forma professionale.
Bene finalmente siamo professionisti anche sulla carta, nero su bianco!
Tra le altre cose, questa legge ci da la possibilità, opzionale su base
volontaria, e quindi non obbligatoria per l’esercizio della professione, di
iscriversi in elenchi professionali. Tali elenchi professionali devono essere
tenuti da personalità giuridiche costituite in forma associativa.
E’ una grande possibilità: poter CONDIVIDERE il pensiero e
la filosofia del coach supportati da una legge e da un “intermediario
referenziale neutro” che ha “forma associativa”, richiamata non a caso dal
legislatore.
Opportunità persa.
ASSOCIAZIONI O SPONSOR? |
E mentre scrivo ne stanno nascendo altre.
In alcuni casi l’iscrizione agli elenchi è per magia diventata
obbligatoria, anzi certificante l’attività stessa. E naturalmente tutte fanno a
gara ad essere il certificatore per eccellenza: il più certificante.
Parafrasando uno slogan pubblicitario siamo al bianco che più bianco non si
può.
E si parlasse di detersivi andrebbe anche bene.
Quanto ciò sia business lo dimostra il fatto che, alcuni ottimi coach sono
diventati certificatori non per missione, ma per maggior guadagno. Nessuna
critica, è una scelta, ma a questo punto, “stiamo perdendo sia il treno
della condivisione, sia quello della sana informazione”
Associazioni che “certificano” coach nei loro elenchi, che sono certificati
da percorsi di scuole riconosciute e certificate ad essere tali
dall’associazione stessa, i cui componenti del direttivo fanno parte delle
scuole di formazione.
Maddai.
Le migliori naturalmente sono collegate ad una associazione internazionale,
che certifica quella nazionale, e pure il coach, con il pagamento della
giusta doppia quota.
Questa situazione sta creando fortissimi dubbi della sua validità anche tra
gli stessi coach e anche in chi non li aveva: a qualsiasi livello di competenza
ed esperienza.
Ho trovato ed incontrato colleghi veramente con intenti lodevoli,
professionali e capaci, ma se si continua a percorre questa via
sbagliamo, se il nostro intento è quello di far nascere e fiorire un’idea sana
della professione del coach, dobbiamo cambiare strada.
L’idea è, per esempio, che tali associazioni che tengono gli elenchi,
vengano composte da numero dispari di componenti del direttivo: la minoranza
coach e da altre figure professionali e non. Che nessuno dei componenti del
direttivo abbia legami con le scuole riconosciute dall’associazione stessa e
che nessun coach che fa parte del direttivo, sia negli elenchi della stessa
associazione. La quota associativa verrebbe destinata alle attività
istituzionali e ognuno degli iscritti soci coach, sarebbe tenuto a dedicare
gratuitamente un piccolo montante ore per far funzionare l’associazione o per
attività di divulgazione gratuita. L’associazione potrebbe anche avere
dipendenti o collaboratori nelle forme permesse dalla legge, ma non dovranno esercitare
la professione di coach.
Sicuramente le motivazioni aggreganti sarebbero quantomeno diverse dal
business autocertificato.
Vero è poi che nell’Unione Europea sono studi professionali il cui lavoro è
quello di certificare prodotti, metodologie ed altro ad uso e consumo di chi le
vuole consultare. E perché non potrebbe essere così per il Coach?
A voi l’ampliamento nel CONDIVIDERE.
CONDIVIDERE SI PUO' FARE SOLO CON IL CUORE |
L’input che mi ha dato la carissima Natascia Pane, amica nonché direttrice
della rivista, mi porterebbe oltre a quello che desidero sia la chiusura del
mio pensiero per oggi: è vero, non è possibile CONDIVIDERE tutto.
Ma se volete farlo, se
avete qualcosa da CONDIVIDERE, una parte di voi, qualcosa che
“ne vale la pena, fatelo aperti alle leggi dell’amore universale affinché
diventi un dono moltiplicatore ed una riuscita esponenziale per tutti: anche
per voi stessi.
QUESTO E’ CONDIVIDERE,
questo è amore, questo è diventare Coach.
PS: Il seme è piaciuto? CONDIVIDETE!
Alfredo Molgora
LIFEHEALING - PROFESSIONAL - IPNO COACH
PERSONALTRAINER
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